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:una pagina senza quadretti:

 

il Festival della Supponenza presenta

TUTTI MORIMMO A STENTO
ovvero: ROVINOSAMENTE PRECIPITANDO TRA I LIQUAMI E I ROTTAMI TRASCINATI A VALLE DALLA PIENA
in poche parole: MANDATELI IN PENSIONE I DIRETTORI ARTISTICI, GLI ADDETTI ALLA CULTURA

di Etrigan

 

"Il peggio è passato".
La rincuorante sottoveste di Victoria luccica ancora nei miei occhi acquosi. L'ultimo sbadiglio. Poi il buio (non che con tutti quei cantanti neri su fondo nero fosse tanto diverso, sia chiaro).
Ormai è acqua passata. È il primo pensiero (il migliore a dire il vero) che mi viene pensando a questo Sanremo. Tutti gli altri sono qui sotto, in ordine sparso.

PROLOGO (a mo' di "Ricetta del giorno")

"PALCO alla PANARIELLO"
Prendete un teatro Ariston e svuotatene il palco dal suo ripieno. Togliete luci, fiori, colori e qualsivoglia elemento che dia alla parola "palco" tale significato. Una volta che avete ottenuto un guscio vuoto, prendete tre betoniere nelle quali impastare il toner di metà delle fotocopiatrici d'Italia con un'autobotte di nero di seppia. Scaricate il tutto in due asfaltatrici. Passatele e ripassatele sul palco fino a che si formerà un panetto con la forma e la consistenza del monolite nero di "2001 odissea nello spazio". Guarnite il tutto con un'accozzaglia di lampadine non meglio identificate andandola a rubare alla parata luminosa di Eurodisney. Con le lampadine che vi avanzano scrivete "ARISTON" ma fate leggere solo la parola "TON". In questo modo, dato l'alto peso specifico, tutti capiranno fin da subito quale sarà l'unità di misura di questo Festival. Create una specie di portacenere prima della platea, prendete un'orchestra e rovesciatecela dentro a caso. Non dimenticatevi di installare i peggiori effetti grafici di Windows Media Player da mandare sullo sfondo durante le canzoni.
Avrete così ottenuto un perfetto "PALCO alla PANARIELLO" in soli 20 minuti!
ATTENZIONE BAMBINI! Asfaltare è pericoloso, fatevi aiutare dalla mamma (o eventualmente da qualche scenografo premio Oscar).


LA SPADA NEL CUORE
ovvero TUTTO QUELLO CHE È ANDATO BEN AL DI LÀ DELLA NOSTRA SOPPORTAZIONE [in poche parole: NUOVE FORME DI MARTIRIO]

- quel genio che ha sostituito la musica degli stacchi con dei rumori di neon/elettricità/ecc. Ci mancava un elicottero e sarebbe stata perfetta per provare il THX o il Dolby Surround di qualche cinema.

- la SUPPONENZA, vera protagonista del Festival, micidialmente accoppiata al pressappochismo e all'egomania, ingrediente segreto di ogni canzone e di ogni atteggiamento atteggiato dei cantanti. Sparsa con eleganza a piene mani in ogni momento. Dalla convinzione di saper condurre senza problemi del presentatore, al sostenere di aver scelto delle belle canzoni e di aver allestito un'ottima scenografia, alla capacità di saper cantare intensamente una lagna monocorde spacciata per "canzone", dalla tracotanza e dall'utilità degli ospiti e così via all'infinito.

- John Travolta. Catapultato sulla scena da un corridoio del film "The Cube". Non sa fare niente di meglio che le solite cose che fanno tutti gli ospiti sanremesi da secoli: inventarsi una scenetta orripilante (coi piedi di Victoria), stornellare "Nel blu dipinto di blu" in modo inascoltabile, fare da insipida spalla per gli ancor più insipidi siparietti di inglese fantozziano del presentatore. Tutto questo per la modica cifra di 400mila euro. Molto pulp, pure troppo.

- Panariello. Pensava di cavarsela con due battute e tanta tanta supponenza, ma ha solo dimostrato che dare 'pieni poteri' a un incompetente crea qualcosa di talmente brutto e soporifero che facciamo davvero una fatica boia anche a scriverne male.

- La serata di venerdì. L'anno scorso era stato bello rivedere riarrangiati i pezzi con la curiosità di vedere chi si sarebbero portati sul palco i cantanti. Quest'anno hanno ricantato lo stesso pezzo accompagnati da emeriti sconosciuti.


CRONACHE DI UNA MORTE ANNUNCIATA
ovvero "LA MUSICA CHE GIRA INTORNO" (o meglio al largo) [per i non udenti: BREVE INVITO A RINVIARE IL SUICIDIO]

Categoria GRUPPI

• GIGI FINIZIO e I RAGAZZI di SCAMPIA
Contornarsi con una crew di figuranti adolescenti che fanno finta di suonare solo per entrare nella categoria gruppi mi ha reso tutto altamente indigesto. Anche se andavano tutti bene per un eventuale remake di "Felipe ha gli occhi azzurri". Almeno la canzone aveva un ritmo. Non ci è piaciuta per niente. Ma aveva un RITMO. E un ragazzo aveva una tastiera sicuramente rubata a Sandy Marton durante una sua tournee partenopea e chissà come rispolverata per l'occasione.
Voto: 4
In poche parole: "Scotty, teletrasporto per due!"… e senza neanche accorgerti sei al Festival di Napoli. E i Klingon hanno pure clonato male Gigi D'Alessio.

• NOMADI
A parte il fatto che i Nomadi di oggi sono semplicemente la cover-band dei Nomadi di un tempo (Beppe Carletti da solo non basta), come autori sono da anni i Pooh no-global. Buonisti, pianolanze, chitarronze, impegnati, per sempre uguali a se stessi. La canzone è quasi bella tra tutte quelle presentate qui, come orecchiabilità e ritmo, ma diciamo che non mi verrebbe voglia di cercarla alla radio, tutto qui.
Voto: 5
In poche parole: Ma dov'è la Bossi-Fini quando serve? (Povero Augusto).

• NOA E CARLO FAVA
In questo Sanremo i gruppi spuntano dal nulla come funghi. Ma chi li ha legittimati questi? Il testo è molto bello: l'impossibilità di parlarsi, di dirsi delle cose importanti. Rimanere su un discorso in generale. Ottima idea pessimamente realizzata: un'accoppiata infelice di un gigione e di una generatrice random di vocalizzi incompatibili con l'atmosfera del pezzo. Una grande occasione sprecata. Così, tanto per fare un discorso in generale.
Voto: 7+ al pezzo e 4 agli interpreti
In poche parole: Come cercare di prenderere due piccioni (quelli di Povia) con una Fava solo per avere una coppia mancante sull'arca di Noa.

• MARIO VENUTI E ARANCIA SONORA
La canzone non me la ricordo più. Il che è tutto dire. Si è conteso con Carlo Fava il ruolo di frontman più atteggiato. Forse avremmo dovuto prenderlo in parola e, come recitava nella sua canzone "Crudele", avremmo dovuto legarlo con tutti i nodi, almeno per qualche Sanremo ancora.
Voto: 3 ½
In poche parole: Nella fattispecie Veramente Crudele

• ZERO ASSOLUTO
Insopportabili per tutte quelle faccine e mossettine da bignami delle boyband. Però la loro canzone è orecchiabile, ti si installa nell'orecchio e ti trovi senza volerlo a canticchiarla. E scusate se è poco, ma in questo Festival dello zero assoluto (quello vero) è quanto di meglio mi potesse capitare.
Voto: 7+
In poche parole: tuturuturututtu…

• SUGARFREE
Qualche chitarra elettrica serve perlomeno a farci ricordare il ritornello (e soprattutto a benedire il fatto che questa canzone un ritornello ce l'abbia). Una pessima esecuzione dal vivo. Ci siamo chiesti se il fatto che lei "scorra" e che lei "trasporti" non racconti la storia di un profugo e di una scafista.
Voto: 4 ½
In poche parole: Informazione ai consumatori: le caramelle senza zucchero se prese in quantità massiccia possono essere lassative.

 

Categoria UOMINI

• MICHELE ZARRILLO
Sempre uguale a se stesso e con in più quest'aria "colta" da 'Grande Autore di Canzoni'. Col risultato che non sono passati neanche i famosi "5 giorni" e ho già dimenticato qualsiasi cosa di lui.
Voto: 3
In poche parole: Di 'alfabeto' già mi bastava, eccome, quello di Amanda Lear.

• ALEX BRITTI
Non ricordo il pezzo, ma è anche colpa mia che ho seguito il Festival con molta nonchalance.
Voto: non pervenuto
In poche parole: Sanremo aiuta l'amore e la cultura: è così noioso che ognuno si organizza come può per passare il tempo. O si legge o si tromba.

• GIANLUCA GRIGNANI
Qualsiasi cosa sulla sua banalità e sulla stessa canzone ricantata da più di 10 anni suonerebbe trita e ritrita. Quindi vogliamo rimanere "liberi di sognare" un mondo senza una sua stessa canzone riproposta a intervalli regolari.
Voto: 3 ½
In poche parole: Altro che aiuola, qui siamo al buio oltre la siepe.

• LUCA DIRISIO
Ah, ma è stato al Festival?
Voto: non pervenuto
In poche parole: "Sparirò" è un titolo profetico.

• POVIA
Ha vinto. E la cosa è grave perché è tornato con la fotocopia musicale del suo pezzo precedente dopo averci rotto le palle in ogni dove dal Darfur all'uovo Kinder con un buonismo opportunista da antologia. Corredato in più dall'atteggiamento "non ho nessuna posizione su nulla". La metafora del piccione non è poi male: volare bassi, non permettere ai piccoli scazzi di rovinare i rapporti, ecc. Ma è stata espressa come lo si potrebbe fare allo Zecchino d'Oro (e non sono l'unico ad essersene accorto, a quanto pare). E ad aggravare la sua posizione c'è il suo dibattersi tra una camionata di astensionismo e la sua presa di posizione nei confronti della Famiglia.
Voto: 3
In poche parole: Anche noi vorremmo che avesse il becco, giusto perchè lo possa chiudere una volta sceso da un palco.

• RON
Anche lui è caduto nel trip dell'Artista. Che significa fare la canzone forse più noiosa di tutto il Festival, condendola con un bel po' della cara vecchia supponenza. Loredana Berté vestita come Wynona Rider in Beetlejuice nell'esecuzione di venerdì è stata davvero un'apparizione notevole, degna della migliore tradizione dark, altro che Ozzy Osbourne.
Voto: 4
In poche parole:
Dalle stelle alle stalle.

 

Categoria DONNE

• NICKY NICOLAI
Dopo il nefasto exploit dell'anno passato ero pronto a sparare a zero. E mi ha fregato: il testo mi piace: intenso, dimesso, vibrante. Peccato per l'interpretazione boccheggiante. All'inizio l'ho giustificata perché pensavo masticasse un chewing-gum all'azoto come la modella marziana di "Mars Attacks". Ma alla fine ho capito che il termine "pesce fuor d'acqua" le calzava LETTERALMENTE. E a nulla è servito vestirsi con un abito di anatra aviariata la seconda sera. Siamo riusciti lo stesso a intravederle le branchie.
Voto: 7 la canzone, 4 i boccheggi
In poche parole: Ora pesce parla tu: « …… » ESATTO!

• ANNA TATANGELO
Il testo più brutto di tutto il Festival. Anna ci comunica, su testo di un Mogol costruito ad arte con Virgilio parole, che non è una ciliegia (anche se ne avremmo volentieri sputato il nocciolo), non è un giocattolo (anche se sembrava tanto una Bratz) e non è una palla. Ma che soprattutto "essere una donna non vuol dire solo riempire una minigonna". E buon otto marzo a tutte quante.
Voto: 3
In poche parole: Lo scandalo della Giovane Marmotta e del Gran Mogol.

• SIMONA BENCINI
Vocalizzi e canzone ascoltabile ma non ricordo più di tanto.
Voto: 5
In poche parole:
Amnesia.

• DOLCENERA
Basta. Una delle cose migliori di questo Festival è stato vedere Anna Tatangelo sorpassarla sulla sinistra. Una doccia fredda di umiltà dall'altissimo peso specifico. La ragazzina si sente tanto grande e pensa che sbrodolare polpettoni affranti e rochi simulando pianti e sofferenze sia la sua nuova carta vincente. A volte mi chiedo se non sia stata operata di appendicite e le abbiano dimentica una pinza nella panza.
Voto: 3
In poche parole:
Anna Tatangelo batte Dolcenera con uno dei testi peggiori della storia: "Com'è straordinaria la vita"!.

• SPAGNA
Una canzone di cui non mi rimane nulla, se non l'aspetto di Ivana, che dai tempi del Re Leone diventa sempre più simile a un leoncino. È "Il cerchio della vita".
Voto: 3
In poche parole:
E che mai sarà.

• ANNA OXA
Il livello di supponenza ha toccato il suo picco. Uno strano essere si presenta sul palco come se fosse Samara di "The ring" remixata con Pina Bausch. Recita, sussurra, si scompone nella performance teatrale pseudo-dark più tracotante e egomaniaca del Festival. Bofonchiosamente ineccepibile come al solito, condita dai consueti piedi nudi. Molto al di là del limite di sopportabilità.
Voto: 0
In poche parole: Aspettando che Ratzinger proclami l'avvento dell'Anticristo.

 

Categoria GIOVANI (quel poco che ho visto)

• SIMONE CRISTICCHI
Per quanto questo 'nuovo' Caparezza OGM abbia scritto un testo dagli spunti carini, sembra non riuscirsi ancora a schiodare dal riproporre solo e soltanto suonini e ritmi martellanti copiati e incollati dal suo insopportabile successo "Vorrei cantare come Biagio". E poi arriva tardi: almeno 11 anni dopo Ivan Graziani ("Maledette malelingue").
Voto: 5 ½
In poche parole: Dopo il premio Giorgio Gaber sarebbe meglio che ambisse anche al trofeo Amber Collins.

• RICCARDO MAFFONI
Un aspetto di certo non molto telegenico. Il pezzo non me lo ricordo più (un altro, ma quest'anno è un'ecatombe!). Quando l'hanno premiato sembrava che stesse ordinando un filetto di cernia al bancone del supermercato. O che fosse il branzino, quello di fianco alla cernia.
Voto: non pervenuto
In poche parole: Prossimamente come nuova razza in Star Trek.


EPILOGO

E anche quest'anno è andata. E non ho più voglia di scrivere nient'altro, tirare le fila è troppo noioso, faticoso e inutile.
Solo una cosa: vorrei avere il becco. Se non altro mi toglierei lo sfizio di cavare gli occhi a qualcuno.

GAME OVER